da arpadanese
gio lug 06, 2017 3:14 pm
sergio76 ha scritto:Capisco.
In buona sostanza il frutto di ciò che troviamo in bottiglia è il risultato dell'alchimia dei master distiller, e la poesia è figlia del marketing. Non a caso il nascere di tutti questi NAS e pakaging evocativi.
Mi sa che la filosofia di base peri vini non è per niente sovrapponibile a quella per i distillati.
Permettimi di dissentire.....ma ciò che troviamo in bottiglia è il frutto di una distillazione che impiega solo acqua, cereale e lieviti e dall'interazione tra il liquido ottenuto e la botte in cui va a riposare.....il master blender non opera alcuna alchimia, agisce al fine di ottenere il prodotto migliore possibile, avendo a disposizione botti di whisky, acqua e caramello. Mi pare che nel vino, che tu citi, per eliminare i difetti e migliorarlo è consentito utilizzare un po' qualsiasi cosa.....poi certo, il terroir nel vino è un dato di fatto, non così nel whisky e Bob ha ragione: le regioni del whisky sono una generalizzazione approssimativa e fatta per interesse, ma a mio parere non così campate per aria, perché dei tratti comuni si possono trovare, almeno per la maggior parte delle distillerie.
La poesia, ed aggiungerei la magia, nel modo del whisky è ovunque: nei luoghi in cui si produce, nei racconti, nelle persone che ci lavorano e che vi fanno parte......il whisky ha una complessità e varietà aromatica pressoché infinita, utilizzando sempre e solo gli stessi 3 ingredienti (4 contando anche il tempo)......se non è magia questa.....Poi certo, le distillerie non sono enti di beneficenza, devono guadagnare ed il marketing è sempre più presente e visibile, ma sono sicuro che si diventa appassionati per ben altri motivi che non siano un pitale che emette fumo (vedi Ardbeg Haar)