da Cookie_Monster
mar giu 13, 2017 11:11 pm
Salve, stasera volevo tentare la strada di un post un po’ più approfondito. L’ho messo qui visto che comprende anche una degustazione, ma si può spostare dove più consono!
Tornando a noi, rum, sempre lui, maledetto. Volente o nolente mi affascina molto come distillato, soprattutto quando prodotto da distillerie con secoli di storia.
Hampden è una delle distillerie più vecchie ancora esistenti e operanti, assieme a Worthy Park. L’unica più antica ancora esistente è la distilleria Mount Gay, situata alle Barbados, produce ininterrottamente dal 1703. Situata sulla costa Nord della Jamaica, le prime informazioni scritte su di essa sono datate attorno al 1743. Nata come zuccherificio, come del resto tante altre distillerie caraibiche, che vedevano un’opportunità economica in più nello sfruttare la melassa il loro principale residuo di lavorazione. Sono del 1753 le prime notizie riguardo la produzione di rum, seguite dalla costruzione della caratteristica dimora coloniale nel 1779 . Da allora, affrontando vari cambi di proprietà e periodi di instabilità finanziaria, ha sempre prodotto rum cosiddetti “heavy style”, ricchi di esteri e altre componenti aromatiche, che tanto l’hanno resa famosa.
Melassa fermentata e distillata quindi, ma non è l’unico ingrediente che entra a far parte del mash. Difatti, per produrre rum con una così elevata quantità di componenti aromatiche viene utilizzata una particolare coltura batterica, detta “dunder” o “muck” ottenuta dalle borlande, ossia da ciò che rimane nell’alambicco del liquido distillato precedentemente. Si tratta di un concentrato di acidi carbossilici, ossia quegli acidi organici che servono da mattoncini base per produrre, reagendo con i vari alcoli, gli esteri, fondamentali nel fornire aroma al distillato. Al resto della fermentazione, e al carattere del distillato, pensano i lieviti presenti nell’ambiente, non utilizzando la distilleria ceppi appositamente selezionati.
Il tutto viene fermentato in washback dalla capacità variabile fra i 5700 e gli 11.000 litri per un massimo di 7 giorni, a seconda del rum che si vuole di volta in volta ottenere.
Ex-colonia inglese la Jamaica, e dagli inglesi ci aspetteremo mutuati gli alambicchi: la distilleria è dotata di quattro alambicchi pot-still a doppia storta: due Forsyths scozzesi, uno Vendome fabbricato in Kentucky e uno della sudafricana T&T Engineering. La capacità varia dai 5700 ai 19.000 litri. Il distillato sale di grado man mano che avviene l’avanzamento dei vapori lungo l’apparato di distillazione: ~35% vol nella prima storta, che raccoglie i low wines, ~65% vol nella seconda (high wines), ha infine un grado in uscita compreso fra 82 e 85% vol.
Diverse sono le tipologie (marks) di rum che la distilleria produce, a seconda del contenuto di esteri, misurato in gr/hlpa (grammi/ettolitro di alcol puro):
Proprio di quest’ultima tipologia di voglio parlarvi: Hampden 2010 HLCF 68.5% vol, imbottigliato a grado di botte per la serie Habitation Velier. Distillato nel 2010, ha subito un invecchiamento completamente tropicale con un angel’s share totale >40%. Ha un contenuto di esteri di 550 mg/hlpa. Ovviamente imbottigliato senza filtrazioni, colorazioni o zuccheri aggiunti.
Colore: Oro carico. Nel bicchiere si presenta piuttosto oleoso, forma delle gambe spesse e dense.
Naso: Enorme. Acre, solvente, mastice, e un po’ di salmastro che lasciano poi spazio ad una nota decisamente fermentata, pizzicorina, e una banana esplosiva. Aggiungendo acqua si distende e si scalda un po’ di più: ritorna la banana, decisamente tipica di questi rum, più in generale frutta tropicale matura e andando più in là col tempo cera d’api, tabacco e una punta di liquirizia. Annusando il bicchiere vuoto sembra di sentire una corda di canapa, qualcosa di terroso.
Palato: Banana, banana e banana. Seguono poi i frutti tropicali, zucchero mascobado, gomma bruciata (presente gli elastici di caucciù?) e liquirizia.
Finale: super-mega-lungo. Liquirizia, olive in salamoia, zucchero bruciato, tabacco. Il tutto finisce con quella nota salmastra di cui dicevo prima.
Io lo trovo fenomenale. Avendo assaggiato anche un rum bianco jamaicano molto simile, con quasi lo stesso contenuto di esteri, è divertente vedere cosa possano fare 6 anni di invecchiamento ai caraibi.
FONTI:
Le immagini sono su gentile concessione di © Matt Pietrek http://www.cocktailwonk.com
Ground Zero of Jamaican Funk: Going Deep at Hampden Estate
http://www.hampdenrumcompany.com/
http://durhum.com/hampden-is-love/
http://news.isladerum.com/mappa-distillerie/hampden-estate-rum-jamaica/
http://www.lospiritodeitempi.it/?p=6550
Tornando a noi, rum, sempre lui, maledetto. Volente o nolente mi affascina molto come distillato, soprattutto quando prodotto da distillerie con secoli di storia.
Hampden è una delle distillerie più vecchie ancora esistenti e operanti, assieme a Worthy Park. L’unica più antica ancora esistente è la distilleria Mount Gay, situata alle Barbados, produce ininterrottamente dal 1703. Situata sulla costa Nord della Jamaica, le prime informazioni scritte su di essa sono datate attorno al 1743. Nata come zuccherificio, come del resto tante altre distillerie caraibiche, che vedevano un’opportunità economica in più nello sfruttare la melassa il loro principale residuo di lavorazione. Sono del 1753 le prime notizie riguardo la produzione di rum, seguite dalla costruzione della caratteristica dimora coloniale nel 1779 . Da allora, affrontando vari cambi di proprietà e periodi di instabilità finanziaria, ha sempre prodotto rum cosiddetti “heavy style”, ricchi di esteri e altre componenti aromatiche, che tanto l’hanno resa famosa.
Melassa fermentata e distillata quindi, ma non è l’unico ingrediente che entra a far parte del mash. Difatti, per produrre rum con una così elevata quantità di componenti aromatiche viene utilizzata una particolare coltura batterica, detta “dunder” o “muck” ottenuta dalle borlande, ossia da ciò che rimane nell’alambicco del liquido distillato precedentemente. Si tratta di un concentrato di acidi carbossilici, ossia quegli acidi organici che servono da mattoncini base per produrre, reagendo con i vari alcoli, gli esteri, fondamentali nel fornire aroma al distillato. Al resto della fermentazione, e al carattere del distillato, pensano i lieviti presenti nell’ambiente, non utilizzando la distilleria ceppi appositamente selezionati.
Il tutto viene fermentato in washback dalla capacità variabile fra i 5700 e gli 11.000 litri per un massimo di 7 giorni, a seconda del rum che si vuole di volta in volta ottenere.
Ex-colonia inglese la Jamaica, e dagli inglesi ci aspetteremo mutuati gli alambicchi: la distilleria è dotata di quattro alambicchi pot-still a doppia storta: due Forsyths scozzesi, uno Vendome fabbricato in Kentucky e uno della sudafricana T&T Engineering. La capacità varia dai 5700 ai 19.000 litri. Il distillato sale di grado man mano che avviene l’avanzamento dei vapori lungo l’apparato di distillazione: ~35% vol nella prima storta, che raccoglie i low wines, ~65% vol nella seconda (high wines), ha infine un grado in uscita compreso fra 82 e 85% vol.
Diverse sono le tipologie (marks) di rum che la distilleria produce, a seconda del contenuto di esteri, misurato in gr/hlpa (grammi/ettolitro di alcol puro):
- LFCH: 85-120 gr/hlpa
LROK: 200-400 gr/hlpa
HLCF: 500-700 gr/hlpa
<> H: 900-1000 gr/hlpa
HGML: 1000-1100 gr/hlpa
C <> H: 1300-1400 gr/hlpa
<> DOK: 1500-1600 gr/hlpa
Proprio di quest’ultima tipologia di voglio parlarvi: Hampden 2010 HLCF 68.5% vol, imbottigliato a grado di botte per la serie Habitation Velier. Distillato nel 2010, ha subito un invecchiamento completamente tropicale con un angel’s share totale >40%. Ha un contenuto di esteri di 550 mg/hlpa. Ovviamente imbottigliato senza filtrazioni, colorazioni o zuccheri aggiunti.
Colore: Oro carico. Nel bicchiere si presenta piuttosto oleoso, forma delle gambe spesse e dense.
Naso: Enorme. Acre, solvente, mastice, e un po’ di salmastro che lasciano poi spazio ad una nota decisamente fermentata, pizzicorina, e una banana esplosiva. Aggiungendo acqua si distende e si scalda un po’ di più: ritorna la banana, decisamente tipica di questi rum, più in generale frutta tropicale matura e andando più in là col tempo cera d’api, tabacco e una punta di liquirizia. Annusando il bicchiere vuoto sembra di sentire una corda di canapa, qualcosa di terroso.
Palato: Banana, banana e banana. Seguono poi i frutti tropicali, zucchero mascobado, gomma bruciata (presente gli elastici di caucciù?) e liquirizia.
Finale: super-mega-lungo. Liquirizia, olive in salamoia, zucchero bruciato, tabacco. Il tutto finisce con quella nota salmastra di cui dicevo prima.
Io lo trovo fenomenale. Avendo assaggiato anche un rum bianco jamaicano molto simile, con quasi lo stesso contenuto di esteri, è divertente vedere cosa possano fare 6 anni di invecchiamento ai caraibi.
FONTI:
Le immagini sono su gentile concessione di © Matt Pietrek http://www.cocktailwonk.com
Ground Zero of Jamaican Funk: Going Deep at Hampden Estate
http://www.hampdenrumcompany.com/
http://durhum.com/hampden-is-love/
http://news.isladerum.com/mappa-distillerie/hampden-estate-rum-jamaica/
http://www.lospiritodeitempi.it/?p=6550
Ultima modifica di Cookie_Monster il mar lug 11, 2017 10:51 pm, modificato 9 volte in totale.
«Non dare confidenza a Cookie, voci narrano che sia geneticamente mutato per sviluppare un'insana passione per i distillati di canna da zucchero»