da Gotan
lun mag 25, 2020 7:13 pm
Credo che le questioni siano diverse.
Il ruolo della torba nel whisky è noto da tempo, e limitato a dare un certo tipo di carattere al whisky che lo utilizza (il sentore di torba o di fumo che sia). Era limitato a quelli di Islay, e pochi altri, poi ha invaso il mercato, manca giusto il Macallan.
E' vero che negli ultimi anni c'è stata un escalation? Credo di sì, assaggiando un Ardbeg, Laphroaig o altri torbati "moderni" e mettendoli a confronto con quelli del passato la mia sensazione è che la torba si è fatta più invasiva, in generale. Se 30 anni fa il livello medio era (numero a caso) 4, oggi può essere (numero a caso) 6. Se in passato i più torbati raggiungevano un picco di 7, oggi arrivano 10 (anche qui numeri d'esempio). Ci si è assuefatti e la si chiede con maggior insistenza, manco fosse una droga, sempre opinione mia.
Nel rum la faccenda è un pò diversa, intanto perchè gli esteri e congeneri danno aromi diversi tra loro, e sono parte essenziale del distillato, ma soprattutto per un altra ragione, che provo a spiegare. Magari sarò un pò prolisso, spero di non annoiare nessuno, ma per capire il fenomeno occorre fare un passo indietro.
Fino agli anni 90, una larga parte del rum sul mercato era costituito da blend realizzati da produttori europei (i Lemon Hart, Lamb's Navy, i Pusser, Myer's, i nostri Stock e quelli di tantissimi altri marchi). Questi rum erano quasi sempre il prodotto finale di un assemblaggio di varie zone di produzione, i più utilizzati erano Jamaica, Barbados e Demerara, dove la produzione di rum era maggiore e la reperibilità ampia. Oltretutto, fino ad un certo momento storico, in Jamaica era proibito alle distillerie imbottigliare in proprio, quindi la produzione era gioco forza venduta in bulk agli stranieri.
Gli agricole come Bally, Saint James, erano prodotti destinati quasi esclusivamente all'esportazione in Francia, e non veniva venduto niente agli imbottigliatori europei, mentre i rum provenienti dalle ex colonie spagnole erano imbottigliati in parte all'origine e in parte venduti in bulk agli europei.
Sul mercato, quindi, oltre ai blend più svariati, generalmente di bassa qualità, esistevano rum "premium" fatti dai vari Moon Import, Silver Seal, Samaroli, Rossi & Rossi, che però in genere li classificavano per "nazionalità": Demerara, Jamaica, Barbados, Panama, etc.
Il nome della distilleria restava quasi sempre anonimo, figuriamoci avere altre informazioni sul contenuto, nemmeno sapere se era un distillato pot still, colonna, un blend composto da rum di diverse distillerie. Le informazioni erano ben scarse, se non addirittura totalmente errate (i famosi Agricole del Demerara di Moon Import).
In entrambi i casi si trattava sempre di rum acquistati in stock, trasportati in Europa, invecchiati lì e poi imbottigliati sulla base di scelte fatte dall'imbottigliatore europeo. In molti casi, si vendeva alcol neutro aromatizzato con una percentule infima di qualcos'altro, magari pure edulcorato con zucchero e vanillina.
Nella costruzione dei blend i rum più ricercati e pagati sono, storicamente, i Jamaicani. Questo perché i loro rum sono da decenni e forse secoli tra i più ricchi di esteri.
Ciò signifacava che, con una minor quantità di distillato, si poteva arricchire larghe quantità di rum più economici, se non addirittura di alcool neutro. Tecnica in uso ancor oggi in tanti rum da supermercato.
In questo contesto di assoluta non trasparenza, verso il 2005 sono comparsi i primi Demerara, di Velier, imbottigliati con il singolo "mark" che individua il tipo di alambicco o colonna utilizzata. Un passo avanti ma senza un particolare riferimento agli esteri. Questi mark, pur nella loro assenza di informazioni precise, erano utili storicamente per gli imbottigliatori a creare un certo stile di blend.
Parallelamente, in Jamaica, le distillerie hanno una serie di mark che indica il numero di esteri presenti nel distillato bianco: ad Hampden si usano LFCH, LROK, HLCF, <>H, HGML, C<>H, <>DOK. Per Long Pond: Common Clean, Plummer, Wedderburns, etc.
Salvo casi eccezionali, in commercio non si trovava praticamente mai il singolo mark, e quando lo si trovava, era un rum invecchiato in Europa. Qualche esempio lo si trova sui Cadenhead di una decina d'anni fa, prima no.
Nell 2015 fanno la loro comparsa sul mercato i primi Jamaicani della serie Habitation Velier, la prima a dichiarare in etichetta, con regolarità, i vari tipi di mark utilizzato. Per la prima volta, inoltre, si tratta di rum invecchiati ai tropici.
La filosofia Gargano è quella di mettere a disposizione degli appassionati tutti quei mark in purezza, che fino a quel momento non sono quasi mai stati disponibili, soprattutto in abbinamento all'invecchiamento tropicale.
Ecco allora che questi imbottigliamenti, più che rappresentare una rincorsa ad esteri sempre piu alti, hanno una valenza "didattica". Fino all'altro ieri, nessuno aveva mai visto o assaggiato un Hampden HGML, un DOK. Nessuno ha mai visto un C<>H, ne verrà imbottigliato uno a breve e sarà la prima volta.
Idem per i vari Long Pond TECA, TECC etc.
E' comunque un fenomeno di ultra nicchia, l'HGML è stato prodotto in 900 bottiglie, i vari Long Pond TECA/ TECC sono stati realizzati in 3.000 esemplari, i più diffusi HLCF non si sa con precisione ma saranno 10 /12.000 bottiglie per volta, e sono imbottigliamenti sporadici, nessuno di questi è permamente, come un OB nel whisky.
Infatti, per le bottiglie "di linea" prodotte stabilmente si punta sull'uso di vari marks. Un buon esempio è l'Hampden Estate, un blend ufficiale della distilleria che utilizza in larga parte OWH, mark a basso numero di esteri, insieme a piccole quantità di mark più elevati, LROK e DOK.
Anche gli altri - pochi - imbottigliamenti ufficiali, che siano Hampden o Worthy Park vanno in questa direzione. Appleton è ancora più soft.
Alla fine il fenomeno riguarda Hampden, Long Pond e Savanna, le uniche che producono rum ad alto grado di esteri. Già Worthy Park sale ma non esagera mai.
Credo per vendite e diffusione sia un fenomeno con una diffusione più bassa dei whisky ad alto numero di ppm, anche se non avendo dati di vendita è un pò difficile parlare di numeri.
Soprattutto il concetto è che qui si vuole scomporre e mostrare come può essere fatto un rum, a prescindere dalla sua piacevolezza ed equilibrio, qualcuno direbbe che sono fini a stessi, ed in fondo è vero. A volte il risultato è piacevole (Diamond H 2010) a volte mica tanto (Long Pond 2007, 2003).
Io penso che nel giro di qualche anno questi estremi saranno relegati ad una nicchia ancora minore.
Il ruolo della torba nel whisky è noto da tempo, e limitato a dare un certo tipo di carattere al whisky che lo utilizza (il sentore di torba o di fumo che sia). Era limitato a quelli di Islay, e pochi altri, poi ha invaso il mercato, manca giusto il Macallan.
E' vero che negli ultimi anni c'è stata un escalation? Credo di sì, assaggiando un Ardbeg, Laphroaig o altri torbati "moderni" e mettendoli a confronto con quelli del passato la mia sensazione è che la torba si è fatta più invasiva, in generale. Se 30 anni fa il livello medio era (numero a caso) 4, oggi può essere (numero a caso) 6. Se in passato i più torbati raggiungevano un picco di 7, oggi arrivano 10 (anche qui numeri d'esempio). Ci si è assuefatti e la si chiede con maggior insistenza, manco fosse una droga, sempre opinione mia.
Nel rum la faccenda è un pò diversa, intanto perchè gli esteri e congeneri danno aromi diversi tra loro, e sono parte essenziale del distillato, ma soprattutto per un altra ragione, che provo a spiegare. Magari sarò un pò prolisso, spero di non annoiare nessuno, ma per capire il fenomeno occorre fare un passo indietro.
Fino agli anni 90, una larga parte del rum sul mercato era costituito da blend realizzati da produttori europei (i Lemon Hart, Lamb's Navy, i Pusser, Myer's, i nostri Stock e quelli di tantissimi altri marchi). Questi rum erano quasi sempre il prodotto finale di un assemblaggio di varie zone di produzione, i più utilizzati erano Jamaica, Barbados e Demerara, dove la produzione di rum era maggiore e la reperibilità ampia. Oltretutto, fino ad un certo momento storico, in Jamaica era proibito alle distillerie imbottigliare in proprio, quindi la produzione era gioco forza venduta in bulk agli stranieri.
Gli agricole come Bally, Saint James, erano prodotti destinati quasi esclusivamente all'esportazione in Francia, e non veniva venduto niente agli imbottigliatori europei, mentre i rum provenienti dalle ex colonie spagnole erano imbottigliati in parte all'origine e in parte venduti in bulk agli europei.
Sul mercato, quindi, oltre ai blend più svariati, generalmente di bassa qualità, esistevano rum "premium" fatti dai vari Moon Import, Silver Seal, Samaroli, Rossi & Rossi, che però in genere li classificavano per "nazionalità": Demerara, Jamaica, Barbados, Panama, etc.
Il nome della distilleria restava quasi sempre anonimo, figuriamoci avere altre informazioni sul contenuto, nemmeno sapere se era un distillato pot still, colonna, un blend composto da rum di diverse distillerie. Le informazioni erano ben scarse, se non addirittura totalmente errate (i famosi Agricole del Demerara di Moon Import).
In entrambi i casi si trattava sempre di rum acquistati in stock, trasportati in Europa, invecchiati lì e poi imbottigliati sulla base di scelte fatte dall'imbottigliatore europeo. In molti casi, si vendeva alcol neutro aromatizzato con una percentule infima di qualcos'altro, magari pure edulcorato con zucchero e vanillina.
Nella costruzione dei blend i rum più ricercati e pagati sono, storicamente, i Jamaicani. Questo perché i loro rum sono da decenni e forse secoli tra i più ricchi di esteri.
Ciò signifacava che, con una minor quantità di distillato, si poteva arricchire larghe quantità di rum più economici, se non addirittura di alcool neutro. Tecnica in uso ancor oggi in tanti rum da supermercato.
In questo contesto di assoluta non trasparenza, verso il 2005 sono comparsi i primi Demerara, di Velier, imbottigliati con il singolo "mark" che individua il tipo di alambicco o colonna utilizzata. Un passo avanti ma senza un particolare riferimento agli esteri. Questi mark, pur nella loro assenza di informazioni precise, erano utili storicamente per gli imbottigliatori a creare un certo stile di blend.
Parallelamente, in Jamaica, le distillerie hanno una serie di mark che indica il numero di esteri presenti nel distillato bianco: ad Hampden si usano LFCH, LROK, HLCF, <>H, HGML, C<>H, <>DOK. Per Long Pond: Common Clean, Plummer, Wedderburns, etc.
Salvo casi eccezionali, in commercio non si trovava praticamente mai il singolo mark, e quando lo si trovava, era un rum invecchiato in Europa. Qualche esempio lo si trova sui Cadenhead di una decina d'anni fa, prima no.
Nell 2015 fanno la loro comparsa sul mercato i primi Jamaicani della serie Habitation Velier, la prima a dichiarare in etichetta, con regolarità, i vari tipi di mark utilizzato. Per la prima volta, inoltre, si tratta di rum invecchiati ai tropici.
La filosofia Gargano è quella di mettere a disposizione degli appassionati tutti quei mark in purezza, che fino a quel momento non sono quasi mai stati disponibili, soprattutto in abbinamento all'invecchiamento tropicale.
Ecco allora che questi imbottigliamenti, più che rappresentare una rincorsa ad esteri sempre piu alti, hanno una valenza "didattica". Fino all'altro ieri, nessuno aveva mai visto o assaggiato un Hampden HGML, un DOK. Nessuno ha mai visto un C<>H, ne verrà imbottigliato uno a breve e sarà la prima volta.
Idem per i vari Long Pond TECA, TECC etc.
E' comunque un fenomeno di ultra nicchia, l'HGML è stato prodotto in 900 bottiglie, i vari Long Pond TECA/ TECC sono stati realizzati in 3.000 esemplari, i più diffusi HLCF non si sa con precisione ma saranno 10 /12.000 bottiglie per volta, e sono imbottigliamenti sporadici, nessuno di questi è permamente, come un OB nel whisky.
Infatti, per le bottiglie "di linea" prodotte stabilmente si punta sull'uso di vari marks. Un buon esempio è l'Hampden Estate, un blend ufficiale della distilleria che utilizza in larga parte OWH, mark a basso numero di esteri, insieme a piccole quantità di mark più elevati, LROK e DOK.
Anche gli altri - pochi - imbottigliamenti ufficiali, che siano Hampden o Worthy Park vanno in questa direzione. Appleton è ancora più soft.
Alla fine il fenomeno riguarda Hampden, Long Pond e Savanna, le uniche che producono rum ad alto grado di esteri. Già Worthy Park sale ma non esagera mai.
Credo per vendite e diffusione sia un fenomeno con una diffusione più bassa dei whisky ad alto numero di ppm, anche se non avendo dati di vendita è un pò difficile parlare di numeri.
Soprattutto il concetto è che qui si vuole scomporre e mostrare come può essere fatto un rum, a prescindere dalla sua piacevolezza ed equilibrio, qualcuno direbbe che sono fini a stessi, ed in fondo è vero. A volte il risultato è piacevole (Diamond H 2010) a volte mica tanto (Long Pond 2007, 2003).
Io penso che nel giro di qualche anno questi estremi saranno relegati ad una nicchia ancora minore.