Di tutto un po': per riflettere sul mondo del whisky (e non solo), ma anche per ridere
da Beefheart gio ago 24, 2017 7:59 pm
Mi riferisco all'esperienza di Claudio Riva presso Maker's Mark, il cui racconto, per chi si se lo fosse perso, vado a riportare:

<< Sulla maturazione del Bourbon Whiskey sembrano non esserci dubbi: il disciplinare impone l'uso del legno di rovere vergine e carbonizzato (livello da un minimo di 2 sino al massimo di 6), per un periodo minimo di due anni in caso di Straight Bourbon Whiskey.

Ovviamente tutte le regole che sembrano certe non possono essere altro che smentite. Nel Bourbon/Rye Whiskey è infatti consentito il finishing, così come accade anche in Scozia, e su questo affinamento non vengono posti vincoli, neppure quello dell’uso del legno di rovere. In poche parole tu puoi – per esempio – far maturare per 4 anni il tuo whiskey in botti vergini carbonizzate compatibili con le regole del bourbon, per poi trasferirne il contenuto in una botte ex-vino, ex-sherry, vergine tostata, o addirittura di ciliegio, dove far effettuare una seconda maturazione per un periodo di tempo che non è in alcun modo regolamentato o limitato dal disciplinare. È come dire, una vola che hai ottenuto la “qualifica” di bourbon, di rye o di straight, nessuno te la può più togliere e tu puoi proseguire come meglio ti pare. Di solito le distillerie che effettuano questo procedimento indicano in etichetta il “FINISHED WITH”, ma non vi è alcun obbligo formale, lo fanno più che altro perché pensano di poter ottenere benefici commerciali.

Vi sono esempi presso molte distillerie, che più o meno scopiazzano i finishing scozzesi. Ma presso la distilleria Maker’s Mark ho trovato qualcosa di diverso. Il famoso ed apprezzato Maker’s 46 non è altro che il 46° esperimento di “ricette nuove” su un totale di oltre 120 effettuati, ed al momento è l’unico ad essere confluito in un imbottigliamento di serie, gli altri sono stati tutti bocciati. Quale strano tipo di botti potranno aver utilizzato per fare questo finishing? Ecco, toglietevi dalla testa tutte le possibili risposte perché se non lo sapete non ci arriverete mai. Il 46 non è altro che un normale Maker’s Mark affinato per 9-10 settimane in una botte che ha contenuto lo stesso Maker's Mark maturo (quindi botte fuori disciplinare perché non vergine) e in cui sono state aggiunte delle doghe "sospese", lo vedete bene nella foto allegata. Per la precisione le doghe sono di rovere francese stagionato con procedimento naturale (senza uso di essiccatoi). E l’esperimento non coinvolgeva solo il tipo di legno utilizzato ma anche la temperatura di maturazione. Si è scoperto che questo mix di legni funzionava bene con temperature prossime ai 50°F (10°C), motivo per cui l’affinamento veniva inizialmente effettuato solo nei mesi invernali e/o nelle parti più fredde dei magazzini.

Si sono limitati "solo" a questo? Assolutamente no. Il progetto dei PRIVATE SELECT va oltre. Consente ad una cerchia limitata di professionisti (bar, spirit store, ristoranti, whisky club) di scegliersi la “propria ricetta” di Maker’s Mark. Con un finishing simile a quello del 46 viene data la possibilità di selezionare le 10 doghe da usare tra una scelta di 5 diversi legni: Baked American Pure 2, Seared French Cuvée, Maker’s 46, Roasted French Mocha e Toasted French Spice. Sulla retro-etichetta della bottiglia verrà indicato il numero di doghe utilizzate per ciascuna di queste tipologie. Queste botti vengono oggi fatte maturare nel The Cellar, un magazzino freddo dove si tiene artificialmente la temperatura attorno ai 50°F per tutto l’anno. Magazzino che viene oggi utilizzato anche per il 46, che quindi può essere prodotto da gennaio a dicembre. Contrariamente al 46, che viene imbottigliato a 94 proof, i Private Select possono invece essere imbottigliati a Barrel Proof, a gradazione di botte.

Durante la mia visita erano presenti i due titolari di un importante ristorante stellato che stavano selezionando la propria botte PRIVATA. Gli sono stati fatti assaggiare tutti i possibili affinamenti e loro hanno giocato miscelandoli finché non hanno trovato il profilo gradito. Clienti coccolatissimi, anche perché la botte costa circa 10.000$ + tasse !!! Comunque è un bel modo per fidelizzare i clienti importanti e per offrire agli appassionati delle maturazioni alternative, dopo che per oltre mezzo secolo la distilleria ha avuto a catalogo un solo prodotto.

In etichetta di entrambi questi imbottigliamenti troviamo tranquillamente riportata la scritta “KENTUCKY BOURBON WHISKY”.
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Commento personale: che trip!!! :cheers:

Mio Dio, tanto mi piace bere Scotch che a volte penso che il mio nome sia Igor Stra-whisky.
(Igor Stravinsky)
da Matteo B. sab ago 26, 2017 1:38 am
:o
Land of the Free(dom)!
Forse un po' troppa libertà. Non ho nulla contro gli esperimenti, ma riportarlo in etichetta sarebbe d'obbligo.
da Biscolino sab ago 26, 2017 9:21 am
Nel caso del Maker's Mark cé': gli imbottigliamenti fatti con le doghe aggiuntive riportano dietro i legni usati. Peró é una scelta loro, un po' come quella di Compass Box di dichiarare la composizione di ogni loro blend. Ma appunto sono scelte individuali (a volte pure osteggiate dal resto dei produttori) e non obblighi di legge.

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da Beefheart sab ago 26, 2017 9:24 am
Lorenzo_P ha scritto:che storia, non sapevo di questa "libertinità". Chissà come usciva usando il ciliegio..


All'ultimo whiskyday c'era, ed ho assaggiato, il Cleveland Black Cherry Wood e mi è piaciuto (ma a me il bourbon piace sempre :D ) però, in tutta onestà non posso dire di aver riconosciuto un legno diverso dal solito, anche perchè è maturato in maniera tutta particolare...

Mio Dio, tanto mi piace bere Scotch che a volte penso che il mio nome sia Igor Stra-whisky.
(Igor Stravinsky)
da Beefheart sab ago 26, 2017 9:31 am
Biscolino ha scritto:Nel caso del Maker's Mark cé': gli imbottigliamenti fatti con le doghe aggiuntive riportano dietro i legni usati. Peró é una scelta loro, un po' come quella di Compass Box di dichiarare la composizione di ogni loro blend. Ma appunto sono scelte individuali (a volte pure osteggiate dal resto dei produttori) e non obblighi di legge.


...tanto più che, a quanto pare, anche ciò che è espressamente compreso nel disciplinare può venire tranquillamente ignorato!
Ed abbiamo notato più volte che, magari in misura minore, ma ciò avviene anche per i rigidi scozzesi che etichettano whisky riportando, ad esempio, 38%vol nonostante i 40 minimi richiesti...
Indi per cui meglio rassegnarsi all'elasticità :cheers:

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da CaskStrength sab ago 26, 2017 12:11 pm
A me onestamente questa cosa ha stupito, e non poco. Nel senso che, se c'è un disciplinare che pone paletti abbastanza stretti, questo è proprio quello del bourbon. Tempo fa ne avevamo discusso qui sul forum (viewtopic.php?f=18&t=2036) e si era constatato che il disciplinare fosse proprio la causa per cui la differenziazione del prodotto diventa più complicata, tanto è vero che chi vuole osare di più è costretto ad uscire dal recinto della regolamentazione del bourbon per rientrare nella categoria "American Whiskey".
A questo punto mi chiedo: visto che il disciplinare si può rispettare anche utilizzando il finishing come nel caso di Makers, come mai le altre distillerie (intendo soprattutto i big) non ne hanno approfittato per caratterizzare maggiormente i propri prodotti (o almeno parte dei propri prodotti)?

Non piangere mai sul whisky versato... (Jack Lemmon, A Qualcuno Piace Caldo, 1959)
da Gotan sab ago 26, 2017 3:58 pm
Ottima domanda, me lo chiedo anche io. Comunque uno spunto molto interessante, che dimostra ancora una volta la capacità dei produttori di uscire dal recinto dei regolamenti sfruttando ciò che non è scritto.
La risposta che mi sono dato è un pò questa: la maggior parte delle distillerie e dei produttori è gestita in modo conservativo, sulla base del presupposto (vero o falso?) che il cliente tipo apprezzi più la costanza nella produzione, che non la varietà e la sperimentazione, lasciate magari alle nicchie. Opinione personale, chiaramente.

Accumula oggi e non pentirti domani!
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da arpadanese sab ago 26, 2017 9:09 pm
Gotan ha scritto:Ottima domanda, me lo chiedo anche io. Comunque uno spunto molto interessante, che dimostra ancora una volta la capacità dei produttori di uscire dal recinto dei regolamenti sfruttando ciò che non è scritto.
La risposta che mi sono dato è un pò questa: la maggior parte delle distillerie e dei produttori è gestita in modo conservativo, sulla base del presupposto (vero o falso?) che il cliente tipo apprezzi più la costanza nella produzione, che non la varietà e la sperimentazione, lasciate magari alle nicchie. Opinione personale, chiaramente.


Sono d'accordo con te......è un po' come un ristorante che ti propone un piatto classico della tradizione, rivisitato o modificato con ingredienti diversi dal solito, molti potrebbero non apprezzare......

Si è sapienti quando si beve bene: chi non sa bere, non sa nulla. (Nicolas Boileau 1636-1711)

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da Lorenzo_P sab ago 26, 2017 9:15 pm
arpadanese ha scritto:Sono d'accordo con te......è un po' come un ristorante che ti propone un piatto classico della tradizione, rivisitato o modificato con ingredienti diversi dal solito, molti potrebbero non apprezzare......


Guarda la cassoeula vegan! :lollol: